Nel mondo della ricerca e selezione, si tende spesso a ridurre il ruolo delle Agenzie del Lavoro a fornitori, qualificati, di curriculum. Viene sovente trascurato l’apporto professionale necessario, se non determinante, in termini di consulenza organizzativa HR. Servizi, richiesti, in grado di puntare ad individuare i migliori candidati allineati ai target di ruolo. Obiettivi che richiedono di saper gestire processi di analisi, con un costante e proattivo confronto con l’azienda e coi candidate.  Attraverso un accompagnamento che genera valore reale sia per le aziende sia per i professionisti.

 

Rispetto all’incarico – commessa che di volta in volta ci può essere attivata dall’azienda cliente, ci vengono trasmessi gli elementi ed i termini di contenuto del ruolo target. Sintetizzabili:

  • nei campi d’attività e mansioni proponibili ai candidati
  • nelle annotazioni sulle caratteristiche della persona ideale, nel contesto org.vo
  • negli obiettivi di fondo dell’azienda

Ruolo, da commisurare allo stato dell’arte offribile dalla specifica azienda e di cui né viene tratteggiato il suo posizionamento, la competitività dei prodotti, il posizionamento sul mercato, ecc.

Con un’ampia evidenza delle: criticità aziendali, definizioni incomplete o approssimative su prodotti, posizionamento, marginalità, stato org. vo, prospettive, dell’impostazione org. va aziendale, dei valori presenti, degli strumenti di base necessari, sui contenuti del profilo (nella massima ampiezza) e della tratteggiata Job, nelle specificità delle caratteristiche della figura ricercata

 

Info che così nè consentono la comprensione, sul piano dei contenuti, delle competenze di ruolo, tracciate in ragione alla

  •  raggiungibilità degli obiettivi
  • corrispondenza dei contenuti di professionalità ed esperienzialità in merito alle criticità evidenti,
  • reale ampiezza e profondità delle attività commiserate ai livelli di responsabilità accordabili, agli ambiti org. vi, all’ autonomia, alle prospettive. 

Un insieme di contenuti e competenze articolate sul come le stesse potrebbero aiutare a risolvere i problemi e le criticità aziendali. Ma anche convincenti rispetto ai risultati quali -quantitativi da realizzare, dopo l’avvenuto on boarding

Esemplifichiamo quanto va richiesto all’azienda come “corredo informativo”

Occorre “provocare” l’azienda, chiedendole di sviluppare adeguatamente ed in chiaro la proposta verso i candidati, soprattutto ed anche per noi, esterni, quanto consideriamo o poco espresso, o inadeguato o insufficiente” (nella visione complessiva) 

Chiedendoci, per poi saper rispondere ai nostril interlocutori:

  • sono adeguate, articolate o inadeguate le competenze tecniche trasmesseci per qualificare, innalzare, per esempio, il gap di prodotto? 
  • è troppo limitata ed insufficiente la presenza aziendale sui mercati, per ipotizzarne un loro convincente allargamento?
  • sono eccessive le criticità org.ve espresse, per esempio, su un certo ruolo considerato strategico, ma oggi valutato “debole”?
  • sono limitati o poco praticabili gli attuali strumenti per un “cambio di passo” in avanti, per conquistare un reale miglioramento dell’organizzazione, dei processi, del posizionamento aziendale?
  • Quale sarebbe la miglior soluzione per un ipotetico profilo rispondente a un ruolo -motore per il vero miglioramento – crescita, magari ben oltre la Job?

 

Le attese del candidato

Sono importanti e sempre più determinanti le attese del candidato (compiti e responsabilità offerte, spazi di crescita e di carriera, corrispondenza di settorialità, sogni e desideri, ecc.). 

Ci sono trasmessi nei colloqui diretti (sono informazioni approfondibili grazie anche ad un sintetico ns questionario), dobbiamo saperne dedurre il possibile, percorribile matching ruolo-proposta azienda.

Quale sarebbe la miglior soluzione – contenuto per l’ipotetico ruolo must (quali le ns proposte)?

 

La selezione non è solo una fornitura di servizi (personale qualificato)

Ci devono essere modalità capaci di superare una certa superficialità (dettata soprattutto dai tempi ristretti) e che possiamo così brevemente riassumere : 

  • spesso i candidati si relazionano ai recruiter in modo troppo sintetizzato, inadeguato sulle informazioni e sulle modalità di “raccontare” le proprie esperienze (compiti, competenze, …) oltre che sulle proprie attese ed obiettivi
  • di contro le aziende sono “abituate” a fornire un quadro organizzativo interno lmitato nei contenuti, menzionando le cosidette “proposte” in modalità generaliste e scarno, imponendoci di gestire le selezioni in maniera sbrigativa. 

Entrambi i soggetti vedono la società di selezione come un “jukebox di profili” da cui estrarre in tempi più o meno ravvicinati la risorsa da inserire. Questo approccio, purtroppo diffuso, trascura l’essenza stessa del nostro lavoro: limitando il confronto vero e la reciproca chiarezza sugli intenti in gioco, attribuendoci una certa sottostima sulle nostre potenziali capacità consulenziali.

Questo riduzionismo limita la possibilità di cogliere le vere opportunità per entrambi I contraenti: un matching tra persona e ruolo risulta così incompleto, inadeguato, spesso inefficace. Ben diversi I risultati coglibili da una comprensione profonda, articolata, del contesto organizzativo e delle aspirazioni individuali. E qui entra in gioco la consulenza organizzativa, come leva di valore strategico.

La consulenza HR al centro del nostro approccio

In Direction crediamo che ogni selezione sia anche un’opportunità di consulenza HR. 

Lato candidato: i colloqui diventano momenti di orientamento e crescita: aiutiamo le persone a riflettere sulla propria identità professionale, sui risultati raggiunti, sulle competenze maturate e sui propri obiettivi futuri. Non è solo una valutazione, ma un vero momento di confronto, strutturato e personalizzato.

E’ solo così che possiamo rappresentare ogni persona in modo autentico e strategico.

Per le aziende: analisi, stimolo e confronti

Alcune considerazioni di base:

risulta essenziale, in ogni caso, la conoscenza esplicitata della struttura organizzativa coniugabile al ruolo in questione (vedi l’organigramma, la mappatura delle posizioni, la radiografia reale delle dinamiche dell’azianda nel suo funzionamento). 

Potendo così chiederci quanto il tutto sia rispondente alle strategie aziendali e quanto adeguatamente esplicitato sulle abilità – competenze necessarie, sulla definizione dei ruoli. Quello fornitoci è un organigramma davvero rappresentativo delle funzioni e delle loro interconnessioni o è “solo” formale? Quanto è rappresentativo di un design abilitatore delle attese di performance? Anche perchè non basta, in ogni caso, dichiarare il “chi riporta a chi”.

Più che un supporto alle strategie, l’organigramma ha la connotazione di più silos e funzioni, separate e che non dialagono nè internamente nè coi clienti. 

Sono fluidi i processi interni, ci sono colli di bottiglia, comunicazioni interrotte? 

Sono chiari I ruoli? 

I manager hanno le leve per decidere o sviluppare con la giusta efficienza i loro interventi? 

E’ presente un documento (un “contratto psicologico”) tra org.ne e persone, tale da mettere in condizione l’azienda di poter “dettare“ e sviluppare il “quale contributo ci aspettiamo da te”

Sono ben esplicitati gli scopi delle single funzioni, sono centrate sugli obiettivi e non sulle liste dei compiti da portare avanti?

E quindi chi è il vero profilo ricercato per quel ruolo, sono adeguatamente espresse le competenze necessarie per “sapere, saper fare, saper essere”, sono esplicitate le diverse abilità e competenze, le hard skills, le soft skills (anche dette trasversalI)? E le attitudini ed i comportamenti correlabili al saper essere

Sono questi tutti gli indicatori che rappresentano la vera griglia per la selezione dei candidati. Ben conoscendo l’azienda (condizione tassativa) abbiamo le basi conoscitive per affrontare una gap analysis; è la nostra guida e possibilità per una revisione dei ruoli, per le possibili integrazioni in nuove posizioni org.ve, per le possibili migrazioni con le job rotation. Sono questi i quesiti e le risposte per ottenere un quadro, una visione finale della mappa generale dei gap evidenziatisi.

Una guida nelle selezioni ma anche gli inputs per lo sviluppo org.vo per piani di formazione mirati ed a loro rispondenti. 

Da tutto ciò deve uscirne un quadro di chiarezza che risulta fondamento della fiducia e della responsabilità da conquistare.

 

Analizzando gli inserimenti avviati, quali analisi e considerazioni possiamo tracciare in merito alla qualità delle persone inserite?

Sono scelte o dei managers di funzione o della Dir. Generale, suportate dalle attività di screeninga delle funzioni H.R (non raramente presediate da figure junior, poco conoscitrici dell’azienda e del suo business). 

Esaminando I profili inseriti possiamo sempre considerarli allineati ai ruoli target? Quanto sono “condizionati” dal “valore della RAL”, indicatore spesso molto vincolante, interpretato, spesso, come condizione rigida ed ostativa anche al solo primo confronto col candidato presentato; sovente di buono-ottimo livello sul piano professionale – esperienziale in ragione agli sviluppi interni all’azienda

Importanti, queste occasioni mancate, surrogate dalle più o meno evidenti potenzialità del candidato stesso, magari collocato in una fascia professionaIe di diverso e minore valore.

Tutto “da subire” o dovremmo esprimere le ns valutazioni rispetto alla attendibilità valutativa dell’azienda?

La responsabilizzazione sulle scelte che si assumono le figure sopramenzionate risultano poi chiare all’alta direzione? O prevale , come indicatore, la solo marginalità della specifica funzione o una capacità comunicativa al di sopra delle righe?

Il supporto consulenziale alle aziende.

Quanto sappiamo supportare le aziende nel chiarire e mettere a fuoco ciò che davvero cercano? Nè sappiamo analizzare il contesto organizzativo, le reali esigenze, le competenze critiche, la struttura interna e la cultura aziendale? 

Forniamo profili intercettati, analizzati e valutati, fornendo alle direzioni dossier che non si limitano a raccontare i profili, ma che diventano strumenti di riflessione organizzativa, potenziali suggerimenti elaborati sulla base delle conoscenze delle strategie dell’azienda.

Nei ripetuti confronti con candidati ed aziende non ci limitiamo a raccogliere infomazioni, richieste, ma poniamo più domande per stimolare e raccogliere una visione più ampia, oltre che preziose indicazioni. 

Il ruolo tracciato e richiesto dall’azienda è coerente con la struttura attuale? Le competenze cercate sono realisticamente reperibili sul mercato? Il posizionamento dell’azienda è tale da attrarre i profili desiderati?

Questa consulenza organizzativa “al contrario”( rivolta all’azienda) è spesso ciò che consente di ridefinire correttamente ruoli, obiettivi e modalità di inserimento. Non ultimi i feedback “critici o negative” sui profili (quelli ritenuti “comunque OK da noi) che vengono analizzati criticamente: sono valutazioni davvero “giustificate” o espressione di rigidità interne?

Dati, contesto e dialogo per un matching efficace

Un inserimento efficace nasce quando si incrociano in modo coerente le aspettative, le competenze e le potenzialità del candidato con le necessità reali dell’azienda. 

Per farlo, serve tempo, ascolto, confronto. Serve un approccio consulenziale, capace di leggere tra ed oltre le righe, di andare oltre il semplice curriculum, la job description, i contenuti avuti dal confront diretto. 

Nel nostro lavoro utilizziamo strumenti specifici: dai questionari di orientamento ai confronti diretti con manager e HR interni, dall’analisi dei percorsi professionali passati, dalla mappatura dei gap organizzativi delle imprese. Così costruiamo una narrazione chiara e credibile del potenziale e dei reali valori di ogni candidato e delle reali opportunità offerte dall’impresa.

Inoltre, sappiamo interpretare i contenuti del mercato, la disponibilità reale di talenti, i benchmark settoriali, per orientare le aziende verso scelte sostenibili ed efficaci. Questa attività di comparazione e “traduzione” tra domanda e offerta di lavoro è una parte fondante della consulenza HR.

Le criticità di certi modelli, sempre attuali

Spesso, però, questo approccio viene visto come un rallentamento. In un contesto che privilegia la velocità, si sacrifica il contenuto; si preferisce un processo rapido anche se superficiale a uno più profondo ma strutturato. Il risultato? Scelte sovente sbagliate, inserimenti inefficaci, alta rotazione.

Alcuni candidati validi vengono scartati per valutazioni improprie o affrettate, mentre le aziende, nel timore di affrontare investimenti su più alti o complessi profili, preferiscono soluzioni più “comode” ma meno strategiche. La consulenza HR, in questi casi, rappresenta ahimè una voce fuori dal coro, spesso ignorata.

A volte i nostri dossier vengono sottovalutati, perché i selezionatori aziendali scelgono di non incontrare candidati solo per ragioni formali (tra queste la sede, RAL, la settorialità), senza entrare nel merito del valore reale che porterebbero. 

In questi casi non dovremmo subire passivamente il feedback, ma almeno porci domande, valutazioni e – quant’altro ritenuto opportuno per restituire un parere critico.

La responsabilità e le conseguenti annotazioni per un inserimento efficace

Una buona selezione è frutto di un processo che mette al centro le persone e le organizzazioni nella loro interezza. La nostra consulenza HR non si limita a fornire nomi, ma (potrebbe) stimolare riflessioni, proporre soluzioni, aprire scenari diversi. Potremmo così aiutare le aziende a leggere o considerare i propri limiti d’approccio e/o a riformulare bisogni; cercando inoltre e sempre di accompagnare i candidati nella comprensione del proprio valore e nella costruzione di un loro percorso coerente.

Apriamoci ad nalizzare anche il “potenziale inespresso” delle persone: le loro capacità latenti, le soft skill ancora non riconosciute, le aspirazioni che possono tradursi in risultati. Confrontiamo tutto questo con i reali margini di manovra presenti in azienda, suggerendo conseguentemente soluzioni praticabili e percorsi di inserimento efficaci.

Riconosciamo che ogni contesto ha i suoi limiti, ma è proprio la consulenza HR a offrire una chiave per superarli, creando consapevolezza e strategia.

Una riflessione aperta

Perché questo approccio non è ancora così diffuso? 

Perché, in un mercato del lavoro sempre più frenetico, si preferisce la scorciatoia all’approfondimento o comunque alla sottostima di apporto da parte di un buon partner? Quanto siamo disposti, come aziende e candidati, ad investire sul valore della consulenza organizzativa?

Forse è il momento di rimettere al centro il significato delle scelte di ciascuno. Perché ogni inserimento non è solo un atto tecnico e professionale, ma un passaggio strategico che merita attenzione, visione e cura. Ed è proprio qui che la consulenza HR può dimostrare tutto il suo valore.

 

Articoli correlati

Tecniche di selezione: come il recruiter valuta i candidati

Tecniche di selezione: come il recruiter valuta i candidati

Tecniche di selezione: come i recruiter valutano i candidati Nel mondo delle risorse umane, le tecniche di selezione rappresentano il cuore della valutazione dei candidati. Un recruiter non si limita a condurre un colloquio: il suo compito è analizzare, in tempi...

leggi tutto