TRATTENERE I CANDIDATI: UN’ANALISI DEL TURN OVER AZIENDALE

Tra i maggiori blocchi coi quali si confrontano quotidianamente le aziende, di qualsiasi settore, figura certamente il turn over aziendale

Non utilizzo a sproposito il concetto di “blocco”; per un’azienda la sostituzione di un dipendente può imporre temporanee fasi di paralisi della funzione da lui ricoperta. La ricerca di una nuova risorsa, il conseguente passaggio di consegne ed il primo periodo di ambientamento sono tappe, di questo percorso di turn over, che obbligano a soste e sospensioni. 

Se il cambiamento di personale, in azienda, può e deve essere anche sinonimo di rinnovamento ed evoluzione, talvolta è anche il sintomo di un’errata gestione interna

Quando il coefficiente di turn over di personale risulta eccessivamente elevato, è il momento di interrogare questo dato e chiedersi perché l’azienda non sia in grado di TRATTENERE I CANDIDATI.

Il percorso di vita di un candidato in azienda, infatti, passa attraverso diverse fasi: l’attrazione, attraverso strategie mirate di employer branding che permettano il confluire di candidati potenziali; la selezione che si basa sul matching tra le attese del candidato e la cultura aziendale; l’inserimento in azienda; la stabilizzazione del candidato in azienda ossia il consolidamento del suo ruolo in azienda. 

Se la maggior parte delle aziende si applica con particolare impegno alla cura delle prime tre fasi, non sono tante quelle che continuano a monitorare il ciclo di vita del candidato nella fase della stabilizzazione. Un atteggiamento, questo, che tradisce un implicito ben diffuso: che al candidato bastino il ruolo ed il trattamento economico per essere soddisfatto. 

 

La nostra esperienza di costante confronto con candidati alla ricerca di nuove occupazioni ci suggerisce invece altre direzioni di riflessione. I candidati, dopo un’iniziale appagamento per il riconoscimento di ruolo, vogliono vedere crescere le loro funzioni, ricevere nuovi stimoli e, più in generale, sentirsi immersi in un contesto lavorativo dinamico ed in costante evoluzione. 

Ecco alcune tra le motivazioni espresse dai candidati rispetto ad un passaggio di azienda: mancanza di un riscontro rispetto ai propri bisogni espressi; ripetitività delle attività connesse al ruolo e assenza di nuovi obiettivi; ambienti di lavoro statici e con evidenti lacune di connessioni interpersonali interne (con colleghi e capi) ed esterne (con altre aziende); scarso investimento sulla formazione. 

Il rinnovamento è il fondamento del vivere umano ed è questo che, anche nella dimensione aziendale, chiedono i candidati: evoluzione nei tempi, nei modi e negli obiettivi. Chiedono che l’organizzazione del lavoro sia flessibile rispetto all’insorgere di nuove esigenze, anche personali; che le procedure e le attività vengano riviste ed ampliate e non si fossilizzino in prassi consolidata; che gli orizzonti si estendano e portino alla maturazione di nuovi scopi ed obiettivi.

La riluttanza delle aziende rispetto ad un’attenta ed attiva riqualificazione dei ruoli e delle attività produce, sul lungo periodo, una mancanza di corrispondenza tra le attività svolte e ciò che i candidati desiderano fare. Per il datore sono diversi gli alert di questa demotivazione: scarsa produttività, minor disponibilità ed attenzione alla collaborazione, disattenzione. 

Quando insorgono i sintomi da stress, tuttavia, il malessere è già diffuso. Tuttavia esistono alcune azioni preventive, che potremmo ascrivere alla categoria di strategie di Employee Retention, che focalizzandosi sulla crescita personale dei dipendenti, possono ridurre il coefficiente di turn over aziendale. Eccone alcuni esempi: 

  • Proposta di corsi di formazione riqualificanti che vadano a ricostruire la motivazione puntando sullo sviluppo personale e la riattivazione della creatività 
  • Costruzione di un giusto equilibrio tra vita privata e lavorativa: riconoscere tempo libero da dedicare ad attività personali. La soddisfazione personale è il cuore pulsante dell’efficacia professionale
  • Ripartizione equa dei carichi lavorativi, perché essere responsabili di una funzione non si trasformi in un giogo. Per esercitare la responsabilità in maniera produttiva è fondamentale poter DELEGARE
  • Rafforzare la comunicazione, strumento principale per l’engagement del dipendente: praticare ascolto attivo, osservare il dipendente, farlo sentire “visto” e riconosciuto nei suoi traguardi come nelle sue fatiche; concedergli spazio per raccontarsi 
  • Riconoscimento dei risultati raggiunti, anche in termini di avanzamento di livello e corrispettivo aumento economico 

 

Perché un’azienda dovrebbe dare centralità a queste strategie?

Innanzitutto perché, come detto in apertura, il turn over di personale è dispendioso, in termini di tempo e di risorse economiche. 

In secondo luogo perché il costante avvicendarsi di nuove risorse produce stallo. Esso infatti implica un sistematico azzeramento delle pratiche, al contrario l’introduzione misurata di novità genera valore e cambiamento. Ma ad estendere davvero i confini è la riqualificazione del capitale umano già in essere. Solo così si genererà evoluzione, che tiene insieme passato e futuro, invece di operare una costante sostituzione, che cancella più che aggiungere. 

 

Come ci poniamo, come Direction, sul piano di possibili ed eventuali interventi per affrontare e supportare correttamente ed efficacemente l’azienda?

Se un approccio, che vuole o può essere risolutorio, richiede una fase di analisi e valutazione e del contesto e delle vere motivazioni della persona in fase di criticità, può diventare determinante il confronto diretto (con persona ed azienda) per entrare nel merito e nei contenuti generatori dello scontento. Attraverso un colloquio diretto sulle problematiche critiche (organizzative, personali, professionali, ambientali, ecc.) partendo da un presupposto fondamentale. 

Ovvero conoscere i termini reali del ruolo (esigenze azienda), le attività realmente sviluppate nel ruolo specifico, le interconnessioni sul piano organizzativo (team, servizio), le relazioni lavorativo professionali. E tutto ciò grazie alla (nostra) capacità di dialogare (con persona e con azienda) in quanto figure esperte e conoscitrici dei mondi aziendali, che sanno realmente entrare nel merito dei contenuti (competenze professionali e lavorative), che sanno intercettare e comprendere le reali attese (nell’immediato e per il futuro) di quella persona. 

Il tutto per articolare alcune soluzioni “mediate” capaci di andare incontro ad entrambe le parti.

Post a Comment